230 dalla crisi sismica del 1783 in Calabria
Un evento che segnò un regno e la coscienza europea di fine Settecento.
Una riflessione sulla pericolosità sismica della Calabria attuale.
Dopo il terremoto e il maremoto di Lisbona del 1755 fu la crisi sismica calabrese a tenere vigile la coscienza europea sia sul rapporto rischioso con la natura, sia sul dibattito scientifico, riguardante le cause naturali dei terremoti e il loro rapporto con l’abitare umano. Contrariamente al terremoto di Lisbona, divenuto famoso anche grazie alle molte e lodevoli iniziative di divulgazione e di ricerca – la grande crisi sismica del 1783-84, famosa nell’Europa del tempo, non è conosciuta a livello nazionale e pochissimo a livello regionale.
Ricordare i terremoti del 1783-84 è non solo ripercorrere una grande, drammatica pagina di storia sociale e urbanistica della regione, ma anche comprendere la dimensione sismica di quella sequenza, formata da cinque importanti terremoti, accaduti dal 2 febbraio al 28 marzo 1783, e seguiti da centinaia e centinaia di scosse anche nel 1784. Il più devastante dei cinque eventi fu quello del 28 marzo, di Magnitudo 7 e Intensità epicentrale di grado XI MCS, paragonabile da solo a quello dello Stretto di Messina del 1908 (M 7, Io XI MCS). Nel 1783 furono travolte la Calabria centrale e meridionale e, oltre Reggio Calabria, anche il messinese, con crolli estesissimi a Messina.

Effetti dei cinque terremoti accaduti dal 5 febbraio al 28 marzo 1783
(M 7, Io XI MCS) elaborato da Catalogo dei Forti Terremoti in Italia.
La memoria di questo evento offre una grande occasione per diffondere informazioni scientifiche e storiche sulla sismicità della Calabria, per ricordare e riflettere sui segni lasciati da questa crisi sismica nel paesaggio naturale e urbano, nella cultura e nelle tradizioni: una memoria complessa che è un patrimonio prezioso da conservare e far conoscere. Stenta però a decollare a livello regionale un impegno di questo genere: un’altra occasione perduta? Speriamo di no.
Quella del 1783-84 fu una grave crisi dell’abitare, che diede luogo a progetti di città nuove, con abbandono di vecchi paesi – oggi rovine visitabili in percorsi archeologici di straordinario interesse. Ma fu anche crisi politica, che per reperire i fondi per la ricostruzione mise in discussione un assetto secolare di equilibri fra i baroni, gli ecclesiastici e il potere centrale. Crisi di idee e di teorie, crisi nel rapporto con la natura e il paesaggio.
L’attività sismica che investì la Calabria in quegli anni fu di elevata potenza (e devastò non solo decine e decine di paesi, ma anche città come Reggio e Messina. Fu travolto un patrimonio storico di chiese, palazzi, torri, case. Anche il paesaggio naturale fu segnato, e a volte in modo indelebile: spaccature, frane, effetti di liquefazione, roteazione, dissesto del corso dei fiumi sono ancora in gran parte identificabili attraverso una documentazione storica e iconografica di eccezionale valore e una lettura geomorfologica dei luoghi.