Terremoto del 29 giugno 1873 Bellunese Io IX-X MCS – Me 6.3

Ore 4:58 locali: è uno dei più forti dell’Italia nord-orientale. Ebbe una durata di circa 15 secondi, causò complessivamente 80 morti, 83 feriti e quasi 800 senzatetto. L’area più colpita è localizzata a nord del lago di Santa Croce, nella conca dell’Alpago, in provincia di Belluno, un’area montagnosa e semi agricola, con numerosi villaggi e paesi dove il terremoto causò estese distruzioni. Crolli diffusi avvennero anche nel trevigiano e nelle località a sud dell’altopiano della foresta del Cansiglio. Danni gravi, descritti minuziosamente dagli scienziati del tempo, furono rilevati in tutto il territorio compreso nell’area Belluno-Pordenone-Conegliano. In sette località dell’Alpago il terremoto causò le distruzioni maggiori, con danni che sfiorarono il grado X MCS. Furono quasi completamente rasi al suolo: Pieve d’Alpago con la frazione Curago, Puos d’Alpago con la sua frazione Cornei, il paese di Borsoi, nel comune di Tambre, e le località di Funes e Lamosano (entrambe frazioni di Chies d’Alpago). La fortissima scossa fu sentita in tutto il nord Italia fino a Genova e Torino, e verso sud fino alle Marche meridionali e all’Umbria. Di là dalle Alpi fu avvertita a Vienna, Lubiana, Lucerna, Augsburg, Innsbruck e in molte altre località della Svizzera, dell’Austria, della Slovenia e della Baviera. Chiese crollate, semi crollate o lesionate, case inabitabili: un quadro di desolazione che pesò per anni su una popolazione pressoché priva di risorse. Oltre ai paesi sopra citati, altre 15 località ebbero estese distruzioni, con numerosi crolli totali di edifici (effetti di grado IX MCS o di poco inferiori, si veda l’elenco delle località classificate in Appendice). Sintetizziamo i danni principali nella vasta area colpita, dentro e fuori l’Alpago. Nel comune di Chies d’Alpago la scossa fece crollare quasi tutti i fabbricati dell’abitato di Alpaos. Nel paese di Chies ci furono molti crolli e vittime. Ad Arsiè tutte le case, tranne una, divennero inagibili. Numerosi crolli a Plois e danni ingenti a Quers e a Torres. Gravissimi danni colpirono Tambre con le sue frazioni Tambruz, Valdenogher e Lavina di Sopra, e Farra d’Alpago. Nella vallata del Piave, nei pressi di Belluno, il terremoto rese inabitabili circa la metà delle case di Soccher, frazione del comune di Ponte nelle Alpi, e danneggiò gravemente un terzo dell’abitato di Visome, nel territorio comunale di Belluno.

 

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A sud della foresta del Cansiglio fu notevolmente danneggiato il paese di Montaner (frazione di Sarmede, in provincia di Treviso): diverse case crollarono e, per la gravità delle lesioni, molte altre dovettero essere demolite. Si riscontrarono danni ingenti anche a Pecol, frazione del comune sparso di San Tomaso Agordino, a oltre 30 km dall’area dei massimi effetti: Pecol, fra i luoghi maggiormente colpiti, fu la località più lontana dalla zona epicentrale. In altri 28 centri abitati, fra cui Belluno, i crolli totali di edifici furono meno numerosi, ma ci furono comunque danni molto gravi, con diffusi crolli parziali, lesioni e dissesti strutturali, estesi a buona parte del patrimonio edilizio (effetti equivalenti al grado VIII MCS o di poco inferiori). Belluno, che all’epoca aveva circa 4.680 abitanti e circa 410 famiglie, fu il centro più importante fra quelli danneggiati: dei suoi 508 edifici, 8 crollarono, 110 risultarono da demolire, 139 furono completamente da ristrutturare e 251 richiesero riparazioni più o meno significative. Una chiesa fu distrutta e altre sette furono danneggiate fortemente, fra queste il duomo, la chiesa di San Pietro e quella delle Grazie. Rimasero senza casa 105 famiglie. Nei sobborghi di Belluno, dei 242 caseggiati totali, 2 dovettero essere demoliti, 21 furono da ristrutturare, i restanti 219 da riparare. Nelle frazioni bellunesi, abitate da 1.470 famiglie per un totale di 10.037 persone, vi furono 4 morti, 19 feriti e 312 senzatetto. Su 1.260 abitazioni, 15 furono distrutte, 66 dovettero essere demolite, 243 erano da ristrutturare e 669 da riparare; 4 chiese crollarono e 21 riportarono danni più o meno gravi.

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Nel trevigiano furono particolarmente danneggiati i territori comunali di Vittorio Veneto e di Sarmede, nella parte nord della provincia, più prossima all’area epicentrale. Nel primo comune furono colpite le frazioni di Fadalto e Fadalto Basso, dove ci furono danni a tutti i fabbricati e crollarono alcune abitazioni; la chiesa parrocchiale di Fadalto divenne pericolante e tutti i 400 abitanti si accamparono all’aperto. La frazione di Formeniga ebbe qualche crollo; inoltre la chiesa, il campanile e diverse case coloniche riportarono danni gravi e dovettero essere in parte riedificate. A Sarmede e nella frazione di Rané diverse abitazioni crollarono, mentre altre per le lesioni riportate dovettero essere demolite. A San Pietro di Feletto crollò la chiesa parrocchiale, un antico edificio fatiscente, causando la morte di 38 persone. Il campanile e le case vicine non riportarono lesioni rilevanti. Anche in Friuli la forte scossa del 29 giugno causò danni: gli effetti più gravi colpirono la parte occidentale della provincia di Pordenone, dove furono notevolmente danneggiati il paese di Barcis, nella valle del torrente Cellina, e le due località di Sarone e Stevenà, frazioni di Caneva. Ci furono danni gravi anche a Casarsa della Delizia, nei pressi del Tagliamento, a una quarantina di chilometri dall’area epicentrale. In circa 60 località, situate soprattutto nelle attuali province di Belluno, Treviso e Pordenone, ma anche in qualche centro abitato delle province di Venezia, Trento, Gorizia, Udine, Vicenza, Brescia, Verona e Trieste, furono riscontrati danni minori, di media entità (grado VII MCS) o leggeri (grado VI MCS). In numerose altre città dell’Italia settentrionale, fra cui Bologna, Cremona, Milano, Mantova, Modena, Padova, il terremoto fu sentito fortemente, ma senza danni rilevanti; a Venezia è attestata la caduta di alcuni calcinacci nella chiesa di San Pietro. La fortissima scossa del 29 giugno fu seguita da numerose repliche, che perdurarono fino alla fine di agosto; particolarmente violente furono quelle avvenute il 5 luglio, che causarono la definitiva e completa distruzione del duomo di Belluno e l’apertura di una larga fenditura orizzontale sul monte Verzit, nei pressi di Fadalto Basso. Due altre forti scosse furono sentite nelle settimane successive: la prima, il 27 luglio, alle ore 13:10 circa locali, causò il crollo di alcuni comignoli a Padova, Pordenone e a Venezia; la seconda avvenuta l’8 agosto, alle ore 8:15 circa locali, fece nuovi danni a Belluno, a Peron (nel comune bellunese di Sedico) e a Vittorio Veneto.