CHE COSA E’ UN EVENTO ESTREMO? E UN DISASTRO?

Un “EVENTO ESTREMO” è qualsiasi evento di origine naturale fuori dalla norma misurata per quel determinato ambiente geofisico in un determinato spazio di tempo. Un “DISASTRO” è l’interazione distruttiva fra un evento estremo e i caratteri del contesto abitato in cui esso accade.

 

IL PESO INSOSTENIBILE DELLA MEMORIA “DISASTROSA”

I disastri sono sentiti come una sconfitta nel rapporto uomo-natura, o peggio si fa leva sul vittimismo delle comunità e degli individui, in un rapporto spesso di dipendenza con i decisori (quasi sempre poteri statali). Ma proprio nei momenti di crisi si possono aprire nuove prospettive, in un rapporto istituzionale equilibrato, dove la responsabilità individuale può diventare un perno di decisioni diverse. Ricordare per imparare.

 

SCIENZA E DISASTRI: QUALCOSA NON TORNA?

Oggi le scienze lavorano tutte sul presente: tecnicamente si sa benissimo come difendersi dai terremoti, come consolidare versanti, come evitare che le acque di piena travolgano case ecc. Eppure i disastri non flettono in frequenza, anzi negli ultimi decenni è aumentata la propensione ai disastri. Eppure siamo più ricchi, più colti, più bravi di cinquanta o cento anni fa. I saperi scientifici e tecnici non fermano speculazioni e interessi individuali, anzi sono spesso utilizzati per soluzioni–tampone. Serve una cultura diversa e diffusa, basata su conoscenze e consapevolezza. Serve una conoscenza delle pericolosità ambientali ben radicata. Serve sapere cosa chiedere a chi amministra un territorio e serve che il rispetto delle norme divenga una priorità nazionale inderogabile.

 

PERCHE’ CONIUGARE SCIENZA E STORIA?

E’ possibile conoscere con molti dettagli e per un lungo arco di tempo la sismicità, l’attività vulcanica, la piovosità o la propensione alle frane di intere aree abitate. L’interazione di questi eventi di origine naturale, con la vita delle persone e dei luoghi abitati, significa conoscere quanto i disastri abbiano pesato sulle generazioni che ci hanno preceduto e le risposte che siano state date o meno a quei caratteri ambientali. Addentrarsi in questa storia consolida l’identità culturale e rafforza la consapevolezza che a quegli stessi rischi siamo ancora esposti, se non si interviene adeguatamente. I fenomeni naturali geodinamici (terremoti, eruzioni vulcaniche) e quelli di origine atmosferica o climatica (alluvioni, siccità), anche se non sono eventi estremi, divengono disastri in un contesto abitato reso fragile e vulnerabile dalle azioni umane. La conoscenza scientifica e storica degli eventi distruttivi già accaduti è in grado di mostrare, senza distorsioni catastrofiste o paure, la pericolosità e la sua stabilità nel tempo, quasi mai nota. Alla pericolosità sismica e vulcanica sono esposti paesi e città. Conoscere la storia di queste interazioni con i centri abitati è la base per non temere la pericolosità della natura, ma cercare risposte corrette.

 

E IL DESTINO? CI SONO AREE “MALEDETTE”?

Atteggiamenti fatalistici e irrazionali favoriscono la perdita di consapevolezza della pericolosità ambientale e dei rischi connessi. Perché affidare le nostre prospettive di futuro a un “destino” ancorato a fantasiose cabale e coincidenze? Gli elementi di pericolosità sono noti all’ambiente scientifico degli addetti ai lavori. La possibilità di trovare soluzioni corrette dovrebbe essere valutata dai cittadini, così come si valuta l’eliminazione dei rifiuti urbani o la circolazione delle merci, o lo stato di efficienza delle automobili. Occorre attivare sempre più la comunicazione fra ambienti della ricerca e società. Se si conoscono i rischi a cui si è esposti, si accettano in modo responsabile norme di tutela e vincoli. Queste sono le basi di una nuova cultura della sicurezza abitativa.

 

Possiamo fermare i disastri di origine naturale?

SENZA ILLUSIONI. Non cerchiamo rassicurazioni – Non vogliamo allarmismi

Questo titolo SENZA ILLUSIONI poteva essere quello della giornata di Studio del 12 dicembre 2011, organizzata a Roma dal Centro EEDIS, nella prestigiosa sede storica dell’Accademia di San Luca, a due passi dalla fontana di Trevi.
La giornata atmosferica è stata fedele al tema: nella mattina un potente acquazzone ha mandato in tilt i trasporti di Roma, dando una pallida idea di quello che succede quando non si è pronti a sopportare eventi climatici, ben lontani dall’essere estremi!
All’insegna quindi della nostra debolezza di sistema, per così dire, hanno preso la parola oltre venti specialisti presentando uno spaccato inedito della storia d’Italia dal punto di vista dei disastri di origine naturale, e dei problemi connessi. Terremoti, frane, alluvioni, eruzioni vulcaniche hanno segnato la vita del Paese appena unificato, come d’altra parte era già successo nei secoli precedenti, negli antichi stati italiani, e come – non facciamoci illusioni – continuerà a succedere nei prossimi anni e secoli. Senza allarmismi, ma con le idee chiare, si è aperta una riflessione a più risvolti. Perché la scienza non riesca a comunicare correttamente e con convincimento i rischi che stiamo correndo, la cui conoscenza è invece alla base di ogni strategia di difesa? Perché rendere responsabile chi abita nelle aree a rischio sembra così difficile, come se si trattasse di bambini da rassicurare, anziché di adulti da responsabilizzare? Perché i beni culturali, la nostra ricchezza italiana, continuano ad essere erosi dai terremoti e da altri eventi distruttivi? La verità è che l’Italia, paese sviluppato e industrializzato, non è ancora riuscita a dare una risposta condivisa e di lungo periodo al problema dei disastri, ossia a formare una cultura della sicurezza, per la quale non sono sufficienti le conoscenze scientifiche e tecniche. Cosa possiamo fare fra i due poli portanti del problema, istituzioni e decisioni individuali?
Da questo incontro, ricco di dati e di riflessioni multidisciplinari, volto a un pubblico non specialistico, si farà nel corso del 2012 un libro, una sorta di manuale di sopravvivenza per il futuro, in cui la memoria storica e la consapevolezza dei danni subiti saranno la base da cui trarre gli orientamenti.